Il cielo per tetto, la strada per letto

Accanto alla popolazione attiva, nella città circola, meno visibile, una moltitudine di persone nascoste, senza fissa dimora, che vive di elemosina e piccoli espedienti. Sfortunati, canaglie, fannulloni, miseri: tutti disperati, che chiedono alla società solo di poter sopravvivere. La gente li guarda con sospetto, a volte con compassione, raramente li considera esseri umani capaci di coltivare l’universale aspirazione alla felicità, e non si immagina che essi possano manifestare le stesse grandezze d’animo e le stesse miserie della vita di tutti i giorni. A quell’esistenza di stenti si adatta un giovane sventurato che il senso di colpa porta sulla strada, sperimentando la fatica di vivere e la progressiva perdita di dignità. Crede di avere perso tutto e l’affetto di tutti, né la vita squallida che è costretto a condurre contribuisce a placare il suo rimorso. Sempre più di frequente spera nella realizzazione di quello che da adolescente ha sentito da un racconta storie, secondo cui niente è perduto se può essere ritrovato.